Intervista a Jesse Malin

Tu sei nato e vivi nel Queens, quindi conosci bene la scena musicale newyorkese. Come ti sembra stia andando oggi?

Adesso a New York ci sono un sacco di gruppi, un sacco di ragazzi che vengono da fuori, che non sono originari della città. Come dicevi, sono nato a New York e sono cresciuto suonando fin da quand’ero un ragazzino, da quando avevo dodic’anni, al CBGB, al Max’s e roba del genere. Mi son fatto le ossa nei complessi di punk. Adesso c’è tanta roba che viene fuori da Brooklyn e dal Queens e anche molto da Manhattan. E’ pieno di club, di nuovi autori, di posti in cui suonare; la gente organizza feste e pubblica dischi.
Per quello che mi riguarda, a me piacciono gli artisti che muovono le persone, che raccontano una storia e ti fanno desiderare di innamorarti, oppure lasciare la scuola, oppure mettere su un gruppo, oppure fare una rapina, di fare qualcosa che abbia un senso.
Per me un gruppo dovrebbe essere come una gang, una famiglia, una mafia: ragazzi che corrono giù per la strada ed è così che mi sento con il mio complesso, i St. Marks Social.
Ho un club che si chiama il “Bowery Electric” in cui c’è sempre musica dal vivo e tutti suonano lì, dai Green Day agli Wolf Mother, Alejandro Escovedo fino a Willie Nile.

Dal momento che hai menzionato il locale, Franco diceva che era lì in dicembre, la sera in cui c’erano Charlie Giordano della E Steet Band e Danny Clinch: ti ricordi quella serata?

Già, abbiamo partecipato ad un evento di beneficenza per il Light of Day.

Torniamo ai St. Marks Social: chi sono i musicisti adesso?

I musicisti sono gli stessi da più di un anno; è la mia formazione preferita. Quella con cui farò il prossimo disco. C’è Youth al la chitarra solista, che aveva suonato con me nei D-Generation negli anniNovanta. Era anche nei Murphy’s Law. Todd è il direttore artistico e il mio vice; c’è Ty Smith alla batteria, Johnny Martin al basso e Derek Cruz suona tutto: tastiere, batteria, chitarre, è quello che salta qua e là. Io canto e suono la chitarra. Suoniamo pezzi da tutti i miei dischi e qualche cover, sai, facciamo di tutto da “Hungry heart” a “Pay to cum” e dal nuovo, che è “Love it to life”.
Quindi il tour europeo lo fai con questo gruppo.

Si, un gran bel rock, siamo in cinque, gran tiro, yeah.

Hai già la scaletta che suonerete a Trieste, forse qualcosa da “Love it to life”, forse qualche cover?

Si, facciamo la cover di “Hungry heart” di Springsteen, facciamo cover dei Replacements, dei Bastards. Facciamo una cover di “Instant karma” di John Lennon. Certe volte facciamo una versione di un pezzo dei Rolling Stones che si chiama “Winter” e suoniamo un sacco di roba dal mio primo disco “Fine art of self distruction” e dei pezzi da “Glitter in the gutter” e da “The heat”. E’ un concerto misto: novanta minuti pieni per un concerto in piena!

Sei stato in Russia con Gogol Bordello.

Già, mi ha ispirato il pezzo “All the way from Moscow”, che sta su “Love it to life”; il gitano che suona la chitarra con le corde di nylon è Eugene Hutz, il cantante dei Gogol Bordello, che è un grande artista. Per me era la prima volta in Russia e, come ho detto, ha ispirato “All the way from Moscow”, di cui c’è anche un video divertente che si trova su YouTube.

E com’era andare in tour con loro?
Sono incredibili, così pieni di vita e di energia; grandi persone. Grande affetto, grande rispetto e ci siamo divertiti molto.

Passiamo da Gogol Bordello a Ryan Adams, perchè si dice che per registrare “Fine art of self destruction” vi siete chiusi in uno studio a New York per sei giorni.

Eh sì, quando ha fatto il produttore; è il primo disco che ha prodotto. Ci ha anche suonato la chitarra. E’ un genio, il migliore, un grande amico; sai, ha anche suonato in alcuni pezzi di “Love it to life”. Siamo amici dagli anni Novanta, quando lui stava con gli Whiskeytown e io con D Generation.

Lo senti ancora?

Si, abbastanza spesso. Se la passa bene.

Da questa esperienza a Light of Day. Franco vi ha visti a Como e a Lugo negli anni passati, ma era anche in New Jersey in dicembre ed è rimasto colpito. Noi abbiamo ospitato Light of Day all’inizio di dicembre con Escov edo e Willie Nile ne siamo rimasti molto colpiti: cosa ci puoi dire della tua esperienza?

La notte in Jersey è stata una grande serata. Alejandro e i Sensitive boys sono fenomenali. Alejandro è un grande compositore. Willie Nile è pressoché il migliore, voglio dire: testi splendidi e un grande front-man. Questi due mi hanno ispirato entrambi: suonano da un bel po’ prima di me e continuano a far uscire dei grandi dischi. E’ stato fenomenale essere sul palco con loro e con Bruce Springsteen e Joe D’Urso: semplicemente magnifico. Poi Bruce è venuto fuori e ha cantato “Broken radio” con me e i ragazzi. Il pezzo parla di mia madre; le piaceva molto la musica. Se n’è andata, è morta quando avevo diciott’anni; allora, “Broken radio” era su mia madre ed è stato stupendo che Bruce l’abbia cantato. Bruce era anche nel video di Danny Clinch. Aiuta molto tutti gli artisti, viene allo spettacolo del Light of Day e questa è una buona cosa, che è stata messa su per combattere il morbo di Parkinson e supportare la ricerca. Il capo è Bob Benjamin, che ha la malattia di Parkinson: lui è uno super, con un grande cuore rock ‘n’ roll, proprio come Bruce.

Dalle note che mi ha dato Franco, voi siete stati in grado di stendere il pubblico ancora prima che arrivasse Bruce.

Beh, ringrazialo da parte mia. Abbiamo cercato di tirar su un casino e di fare del rock. Per cui tutti hanno alzato le chiappe, sono saltati in piedi e si sono messi a ballare; è stata una festa, davvero forte. E’ stato anche un bene che Bruce abbia avuto modo di vedere il gruppo. Se vuoi vedere le foto di quella serata, sono di Danny Clinch; Bruce ed io nei camerini, noi che proviamo. Delle foto speciali.
Sai che Franco si è fatto fare le foto con Bruce e Semprini.

Che forte!

Ad ogni modo, tornando a Springsteen, so che ti ha chiamato. Allora, il telefono suona, tu tiri su la cornetta e dall’altra parte c’è il Boss: qual è stata la tua reazione?

Mi è venuto un colpo: vedi, è stato come un sogno. Abbiamo parlato del primo disco e mi ha chiesto di fare degli spettacoli di beneficenza durante le feste di Natale. Io pensavo si trattasse di canzoni natalizie ma lui ha detto: “No, facciamo i tuoi pezzi”. Per cui mi ha dato una mano, ha cantato nei cori, suonato la chitarra in “Wendy” e “Queen of the underworld”. C’erano Max Weinberg alla batteria e Nils Lofgren e Jimmy Vivino: è stato grande! Poi siamo andati in New Jersey e abbiamo fatto le prove con lui: è uno che sostiene gli artisti, che aiuta il rock ‘n’ roll. La conversazione che abbiamo avuto al telefono sar&a grave; durata una mezz’ora: proprio forte! Sono cose che non puoi spiegare, non ha prezzo, è qualcosa di più. Ti fa sentire le cose. Mio padre mi ha fatto conoscere “Nebraska” e quei dischi. I testi di Bruce mi hanno
aiutato quando cercavo altri tipi di musica al di fuori del punk, qualcosa che avesse un senso dal punto di vista politico e sociale. Grandi storie e grandi canzoni. Credo che come scrittori mi abbiano ispirato, Bruce oltre a Elvis Costello, Bob Dylan, Neil Young, i Replacements.

Parlando di testi: mi son reso conto che l’idea del bruciare, del rogo, delle fiamme è spesso presente nei tuoi testi. Questo ha a che fare con la realtà, con un senso di disagio o di rabbia o che?
Io penso che questo disco descriva il ritorno dalle fiamme: ha a che fare con la rinascita, con il ruolo della Fenice. Vedi, per quello che riguarda la mia carriera stavo tornando alla musica dopo un periodo di difficoltà e di perplessità: adesso cosa faccio? E’ proprio una metafora che indica il rinascere dal fuoco, il sorgere della Fenice, un Rinascimento, una rinascita. Certe volte devi distruggere per ricominciare. Questo è quello che sta succedendo nella mia vita: la fine crea un nuovo inizio.

Ancora una cosa: sappiamo che la scritta PMA che hai sulla Les Paul sta per Atteggiamento Mentale Positivo. Ci puoi dire qualcosa di più?

Beh, la vita è piena di difficoltà, che siano economiche, familiari, problemi, la scuola, vedi il mondo può essere crudele, ma se tu rimani positivo e mantieni questa filosofia, puoi fare molto con le persone che ti circondano. Cioè, ha a che fare con l’amore, è un lato della vita e significa mantenere un atteggiamento corretto, spingere le cose in modo positivo e io credo che la musica sia un PMA; la musica e il rock ‘n’ roll possono es sere usati come uno strumento, un potere, una passione, come una forma d’arte per sopravvivere, per crescere, per la rivoluzione, per la ribellione e così è proprio come io mi sento tutti i giorni con quello che faccio. Cerco di dare il massimo possibile, svegliarmi ogni giorno come se fosse l’inizio e darci dentro. E’ dura: c’è tanta cattiveria in giro. Questo di cui canto, il PMA, viene da un libro che è stato scritto da Napolen Hill che si chiama “Think and grow rich” (“Pensa ed arricchisci te stesso”).
Beh, quindi tutto questo lottare forma la persona, il carattere, no?

Yeah, cioè la difficoltà se non ti uccide ti rende più forte.

intervista realizzata da Ruggero Prazio lunedì 28 marzo 2011

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